Dicono che il Cammino per Santiago di Compostela può essere uno spartiacque nella vita di chi lo percorre. Forse sarà così. Per ora, se volete, condividete con me qualche ricordo e qualcosa che mi ha insegnato.
E’ uno dei pellegrinaggi più antichi e conosciuti del mondo e in tanti lo fanno per tre principali motivi: mettere un po’ di ordine nella propria vita, incontrare persone o vivere nuove relazioni, come pellegrinaggio religioso. Io e mia moglie Maddalena, lo abbiamo fatto, soprattutto per celebrare e condividere la gioia della nostra unione e il nostro recente matrimonio; un viaggio di nozze inconsueto, che ci ha fatto sfidare, insieme, i nostri limiti fisici e mentali.
Un viaggio durato 33 giorni e oltre 700 km percorsi a piedi, che ci ha portato da Pamplona, prima sul Sagrato della Cattedrale di Santiago de Compostela e poi al Capo Finisterre, con alle nostre spalle il celeberrimo faro e davanti a noi solo l’oceano, incontrando persone di tutte le età e di tanti luoghi del mondo.
Tutti in cammino, con un bagaglio fatto solo dei propri pensieri, della propria energia e forza interiore e con addosso il peso di uno zaino, che insegna a ridurre la propria vita all’essenziale.
Accontentarsi di poco, prendersi il tempo di fare un lungo cammino, di sottrarsi al ritmo cadenzato o incalzante della propria vita, scoprire la differenza tra l’affanno del senso di scarsità che ci viene continuamente sollecitato nelle nostre vite, per riscoprire la gioia dell’essenziale e della condivisione, è il vero segno distintivo di chi intraprende il Cammino e lo percorre, a piedi, con qualsiasi tempo, per centinaia di chilometri.
Ti potrebbe interessare anche il racconto del nostro Cammino Portoghese >
Nella nostra vita fatta di smartphone e social, compressi dalla necessità di farci trovare e di proporre qualcosa di noi o di ciò che facciamo, è difficile porsi delle domande appassionate, domande che vadano dal profondo dei nostri sentimenti, verso lo spazio infinito della spiritualità. Se invece ti svegli all’alba, magari dopo aver dormito poco e male, rifai il tuo zaino, ti infili con cura infinita i calzini per evitare le temutissime vesciche, fai la prima delle 3 colazioni che farai cammin facendo e parti, con unico obiettivo materiale e pratico raggiungere la tappa della sera, scopri che la tua testa ha la possibilità di lavorare in maniera molto diversa.
Non hai nulla da rincorrere, non hai altri impegni, nessuna riunione o telefonata di lavoro, non hai pagine social da sfogliare. Sei all’essenziale, con te stesso, senza compromessi, senza maschere da vestire per apparire diverso, senza bugie o sotterfugi.
Tu con te stesso, con le tue paure e limiti. Credimi: a volte può risultare perfino scomodo!
Ma poi, giorno per giorno, così come i tendini, i muscoli e le ossa, recalcitranti, si adattano lentamente alla fatica dei km, al caldo soffocante dell’estate spagnola, al vento freddo delle Mesetas, alle discese <matamulos> letteralmente <ammazza asini>, la tua testa e il tuo cuore si abituano a rifarsi carico di te stesso, della soma pesante dei rimpianti e dei rimorsi della tua vita.
Allora il Cammino compie il suo vero miracolo, lentamente allieva la fatica e il dolore e ti fa ripartire, zaino in spalla, ogni mattina. E nello stesso modo, con l’essenza ritrovata di te stesso, ti fa ripartire per i sentieri della tua esistenza con un passo più leggero e sicuro, che non ricordavi più di avere.
Poi, se vuoi, ti puoi anche appendere allo zaino “la Concha”, la conchiglia che distingue il pellegrino dal turista, ma è solo un gadget e noi abbiamo preferito fare come i pellegrini di un tempo, che la concha la raccoglievano alla fine del Cammino, con il cuore in festa e gli occhi pieni di lacrime, sulle spiagge dell’oceano.
Segui sul nostro canale Youtube il video racconto delle varie tappe del nostro Cammino verso Santiago >