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Litigare sui social non ci eleva

Litigare sui social network, nelle chat, per telefono o via sms, sembra essere uno dei trend di questo contesto socio-culturale. Purtroppo si tratta di veri e propri litigi dai toni implacabili anche quando si commenta il post più banale. Se ne leggono davvero di tutti i colori e cercare di starne fuori non è impresa affatto facile. Questa vita sempre più frenetica, aggiunta al sempre minor tempo trascorso in casa e al contatto diretto con partner, amici e familiari, ha come conseguenza che anche i diverbi tendono ad uscire dalle mura domestiche, per svolgersi in luoghi virtuali. Questi ultimi sono “ambienti” sempre più spesso teatro di insulti e scaramucce.

Queste nuove modalità di litigio allontanano da quello che dovrebbe rivelarsi come un confronto faccia a faccia.

Privarsi della possibilità di chiarire guardandosi negli occhi, spesso porta il litigio ad acuirsi, scaldando ulteriormente gli animi, creando ulteriori malintesi, piuttosto che aiutare a trovare un punto d’incontro e a comprendere l’altro.

Viene a mancare l’empatia che ci dovrebbe essere tra le persone.

L’evoluzione tecnologica non è stata corredata di pari passo da una sorta di educazione online.

Educazione nello scrivere con i toni migliori, con espressioni meno dirette, con il giusto uso della punteggiatura e facendo emergere anche il non scritto tra le righe. Italo Calvino adottava l’idea di rileggere, ripensare, rivalutare quanto detto o scritto. Essere costantemente connessi con chiunque e in qualsiasi momento, ci porta a vivere la diversità come una parte ormai consolidata della vita, entrando quotidianamente con i commenti e le discussioni nei nostri spazi di connessione virtuale, lasciando però dei meri strascichi anche nella parte del nostro quotidiano offline.

Di fronte a questo, dovremmo imparare alcune tra le competenze di comunicazione di base per gestire il continuo confronto della vita social. Come asserisce Bruno Mastroianni (autore del testo: La disputa felice. Dissentire senza litigare sui social network, sui media e in pubblico): “Imparare a sostenere il proprio punto di vista davanti all’altro che non è d’accordo si può. È faticoso e richiede impegno e intenzionalità.

La nostra tendenza è stare con i simili, rifiutare i diversi, cercare conferme, fuggire da chi mette in dubbio i nostri assunti. Una volta riconosciuto in noi questo istinto, ci si può lavorare, scoprendo ad esempio che le migliori idee nella vita di solito le abbiamo a seguito di un confronto o di una divergenza. Nessuno di noi vive come un intellettuale solitario in una torre.

Conoscere è spesso ‘scontrarsi’ con un pezzo di realtà che non si era notato fino a quel momento, spesso è proprio qualcuno con una prospettiva opposta a mostrarcelo.” Partendo da un vero e proprio distaccamento del punto di vista personale, dell’offesa percepita come alla persona in sé piuttosto che ad un messaggio, un’opinione o un’idea, sarebbe già un buon modo per ripulire una risposta mordace da tutta la sua presunta aggressività.

Riflettere e prendere anche qualche sosta, un respiro profondo per evitare di dare delle risposte buttate là, di getto, magari anche con inequivocabili errori di battitura, senza la corretta punteggiatura. Imparare ad uscire dalla propria zona di confort, anche nel pensiero e nella propria presa di posizione, potrebbe rivelarsi un enorme esercizio di apertura mentale e crescita. Dissentire non equivale a eliminare dalla faccia dell’universo la persona che ha espresso una opinione, più o meno garbata, differente dalla nostra. Autoironia e sdrammatizzazione sono delle ottime armi indispensabili per abbassare toni di rabbia e odio da tastiera.

Scendere dal pulpito della saccenza, imparando ad argomentare in maniera più semplice senza credere di essere in assoluto i detentori della verità estrema.

Inoltre, la possibilità di rimanere in silenzio, senza per questo temere di sembrare deboli o privi di argomentazioni, può essere una tra le tante alternative plausibili. Ricordiamo che quando discutiamo sui social, non siamo semplicemente in due a discutere, vi è un infinito numero di lettori più o meno taciturni che seguono i nostri dissensi, facendo sì che il modo di esprimersi, la volgarità, la cattiveria gratuita e gli “orrori ortografici” prendano il sopravvento sulla questione della disputa in se, facendo sì a volte, che quest’ultima passi addirittura in secondo piano. Fatica sprecata! Ricordiamo che online equivale a “in pubblico” e che una corretta comunicazione, un modo corretto di dissentire, di esprimere le proprie opinioni differenti è alla base di un modo civile e maturo di stare tra e con gli altri. E se poi la rabbia e la frustrazione sono talmente tante, prima di riversarla in rete, facciamo due chiacchiere dal vivo, e lavoriamo insieme su questo eccesso di aggressività latente.

Si può fare! Parola di Counselor!

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