Quante volte ci siamo ripetuti come un mantra il buon proposito dell’inizio di una dieta?
Un nuovo anno è iniziato, un nuovo lunedì è in arrivo: eccoci, dunque, intraprendere il nostro lungimirante progetto, pieni di obiettivi da raggiungere, di propositività, di fermezza. Per poi trovarci inspiegabilmente di fronte all’ennesimo fallimento, dopo pochi, faticosi giorni di ristrettezza.
Perché facciamo così fatica?
La parola dieta (dal greco stile di vita) è entrata nel nostro vocabolario incarnando un significato negativo, fatto di regole e rigide imposizioni. Non ha ottenuto maggiore fortuna l’alternativa regime alimentare, proposta da dietologi e nutrizionisti per definire un piano alimentare, non necessariamente privativo, che includesse pratiche ricreative come lo sport.
Questi termini ci rimandano un senso di dovere, di rigidità, di costrizione, insinuando in noi l’effetto opposto: pensare continuamente al cibo, spingendoci a mangiare di più, a sgarrare.
Se utilizziamo la locuzione alimentazione consapevole, il focus sarà essere presenti nel momento e nel luogo in cui ci troviamo, ascoltando ciò che il nostro corpo ci sta segnalando.
La domanda che potrebbe giungere sarà: sto mangiando per fame o per soddisfare un bisogno diverso e impulsivo, che mi spinge irrimediabilmente verso la dispensa o il frigorifero? Per rispondere a questa domanda dobbiamo interrogarci sui concetti di fame e sazietà.
La fame fisica è legata al livello di zuccheri nel sangue, arriva gradualmente, segnalata da sensazioni all’altezza dello stomaco, come brontolio, acidità, crampi. Possiamo soddisfare questo bisogno attraverso l’assunzione di diversi tipi di alimenti, permettendoci di attendere il tempo necessario alla cottura. Siamo capaci di riconoscere il momento in cui fermarci; la sensazione conseguente al pasto sarà di benessere.
La sazietà si riferisce proprio alla percezione dei segnali di benessere dati dal cibo che stiamo mangiando, che interviene molto prima di sentire l’appesantimento.
La voglia improvvisa, invece, è un desiderio urgente e impulsivo che arriva come se venisse acceso un interruttore, molto specifico sulla scelta del cibo e che porta a trangugiare gli alimenti in modo inconsapevole, senza sentirne il gusto; non si riconosce il raggiungimento della sazietà, la tendenza è mangiare senza soddisfazione, a volte fino a sentirsi male. La sensazione spesso correlata è il senso di colpa, ma, ancor più importante, questo tipo di alimentazione è collegata a sentimenti e emozioni. Essa viene infatti definita fame emotiva.
Mangiare stimola il circuito cerebrale della ricompensa, producendo, tra gli altri, il neurotrasmettitore dopamina, che provoca una sensazione di benessere molto piacevole capace di placare le emozioni che ci pervadono (ad esempio frustrazione, rabbia, tristezza, gioia). Allo stesso modo, lo stress aumenta la produzione di cortisolo, legato alla produzione di insulina e conseguente aumento della glicemia nel sangue, generando un circolo vizioso verso l’assunzione di cibi molto grassi e calorici, chiamati comfort food, che placano lo stato di ansia e stress. Il conseguente senso di colpa peggiorerà nuovamente lo stato emotivo generale, provocando una nuova voglia di mangiare.
Come uscire dal circolo vizioso? Un modo esiste!
In primis ascoltiamo il nostro corpo e i segnali che ci invia costantemente, è lui l’esperto! Se dovesse arrivare un attacco di fame emotiva fermiamoci e cerchiamo di capire da cosa possa essere determinata (un evento a lavoro, una lite in famiglia) e proviamo a mettere in atto delle strategie per contrastare la voglia di mangiare.
Ve ne propongo cinque:
- Lavarsi i denti
- Uscire a fare una passeggiata
- Fare un riposino
- Fare un bagno caldo
- Bere un tè caldo
E se la voglia non passa? Possiamo decidere di concederci l’alimento che tanto ci appaga, in quantità limitata, assaporandolo in modo consapevole, prestando attenzione all’attivazione di tutti i nostri sensi.
di Giovanna Carbone, psicologa