Partiamo da qui, dallo spreco. Lo spreco, secondo il Treccani, è un consumo eccessivo, in quantità più che abbondante (attenzione, non in quantità più che sufficiente!). Qualcosa di inutile, eccessivo. Di “mandato in malora”!
Purtroppo questo è diventato nei decenni, il nostro modello. E, ora più che mai, lo spreco fa parte del nostro quotidiano, della nostra Società del “sovra-consumo” e della “sovra-produzione”. Una Società dell’Avere, anzi dello “Sprecare” e non certo dell’Essere.
Vorrei provare a ragionare insieme a voi, sull’impatto che ha il nostro spreco, sull’ambiente e sulla società e su noi stessi.
Tutto parte dalla nostra insaziabile voglia di possedere “cose”, continuamente stimolata e sollecitata da messaggi pubblicitari, sempre più calzati addosso ai nostri interessi che, ormai, in particolare grazie allo smartphone che abbiamo tutti in tasca, ci raggiungono ovunque e in ogni momento. E questo è funzionale a questa Società del “sovraconsumo”, che può reggere solo se continuiamo a consumare e a far crescere il PIL.
La prima cosa, che non si dice mai perché fa saltare sulla sedia tutti, dai politici alle associazioni di categoria degli imprenditori, ai sindacati è: iniziamo ad acquistare meno!
Tutte le volte che si parla di acquistare meno, di una qualsiasi merce, ecco che partono gli strali dei sostenitori della crescita infinita (quasi tutti), a parte una piccola fetta di Società composta da gente di “buonsenso” e un gruppo di pensatori illuminati, ben rappresentati in Italia da movimenti come quello della Decrescita, con sostenitori del calibro di Maurizio Pallante in Italia e del filosofo e economista Serge Latouche in Francia.
“Ma come acquistare e consumare meno? E il PIL, la crescita, l’economia, l’occupazione, il lavoro?”
PIL = Benessere, ma siamo proprio sicuri?
Nel sistema dei valori su cui si fondano le società industriali, l’aumento della quantità di merce prodotta e commercializzata (PIL), continua a identificarsi con l’aumento del benessere. Le guerre per il controllo delle risorse del pianeta, lo scioglimento dei ghiacciai, l’innalzamento del livello dei mari e i cambiamenti climatici, le malattie causate dall’inquinamento, sono tutte conseguenze dell’incremento dell’utilizzo di fonti fossili, (petrolio, gas, carbone, ecc) necessari a sostenere la crescita della produzione e dei consumi. Questo modello di crescita, non è più né possibile né tantomeno sostenibile e finalmente anche gran parte dei governi mondiali stanno attuando, politiche per andare verso un nuovo modello di sviluppo, più sostenibile per il Pianeta e per chi lo abita. E non mi riferisco solo all’Umanità, ma a tutti gli organismi viventi. La pandemia, ci ha permesso di “toccare con mano” quello che stiamo facendo all’ambiente e a noi stessi!
A chi troppo e a chi niente
Noi fortunati, nati nel “nord del Mondo”, consumiamo l’80% delle risorse del Pianeta, ma siamo solo il 20% degli abitanti della Terra. Questo significa che il rimanente 80% di umanità (oltre 5,5 MLD di persone), se la passa tra la sopravvivenza e la povertà, fino a circa 1 MLD di loro, che sono derelitti, senza acqua e cibo sufficiente quotidiano. L’impronta ecologica di noi europei, è tale che servirebbero circa 4 pianeti come la terra per soddisfare i nostri consumi. Il problema è che di “Terra”, ne abbiamo 1 sola e dobbiamo condividerla con altri 7,5 MLD di individui, in costante aumento!
Sempre più super-ricchi
Inoltre, la concentrazione della ricchezza che si è sviluppata in modo esponenziale negli ultimi decenni, ha portato a situazioni di squilibrio mostruoso e ora, una manciata di super-ricchi, può contare sulla stessa ricchezza a disposizione dell’intera popolazione del continente africano. Ma oltre a una ridistribuzione più equa delle risorse globali e della concentrazione della ricchezza, a mio parere realizzabile solo con leggi e normative che impongano ad esempio una tassazione locale dei redditi realizzati dai grandi colossi del web (pari a quella degli altri operatori economici), o con una “sollevazione planetaria” della gente comune (vedi i ragazzi del Friday For Future), dobbiamo anche cambiare mentalità per sperare davvero di cambiare in meglio il mondo.
Quanti soldi servono, per essere felici?
Nel paradigma culturale della nostra società, l’indicatore della ricchezza è il denaro. Ma se diamo per acquisito che, si è tanto più ricchi quanto maggiore è la quantità di merci che si possono acquistare, sappiamo anche che all’aumentare delle “cose” che abbiamo acquistato, non aumenta proporzionalmente la nostra felicità.
“Gli idoli dell’uomo moderno, avido, alienato, sono la produzione, il consumo, la tecnologia, lo sfruttamento della natura. Quanto più ricchi sono i suoi idoli, tanto più l’uomo si impoverisce. Invece della gioia egli va in cerca di piacere e di eccitamento; invece di crescere cerca possesso e potere; invece di essere, egli persegue avere e sfruttamento; invece di ciò che è vivo sceglie ciò che è morto.”
Questo è uno stralcio di “Avere o Essere”, scritto nella metà degli anni ’70 del secolo scorso, dal filosofo Erich Fromm, un libro fondamentale nella mia formazione.
Ridurre i consumi e ragionare su ciò che acquistiamo, non farà bene al PIL, ma lo fa sicuramente alla nostra salute, fisica e psichica, al nostro tempo, alla Pace nel Mondo, ai nostri rapporti sociali e relazioni personali, alle nostre comunità, ai nostri territori e alle risorse di tutto il nostro Pianeta, a noi stessi e ultimo, ma non ultimo, al nostro portafoglio. Perché se consumiamo meno e in modo più razionale e intelligente, se non sprechiamo, se auto-produciamo qualcosa che consumiamo (ad esempio un po’ di verdura in un piccolo orto), se riattiviamo relazioni, magari scambiandosi oggetti che non ci servono o competenze capacità e talenti, se riusiamo e ricicliamo gli oggetti con fantasia e creatività, forse avremo bisogno di spendere meno e quindi di lavorare meno.
Un mondo che non c’è più e uno nuovo che deve venire
Noi baby boomer, genitori di questi ragazzi del Friday For Future che dal 2018, scendono in piazza per salvare il loro futuro dalle conseguenze del cambiamento climatico, siamo diventati adulti in una società dove la crescita costante della produzione e la conseguente e costante crescita dei consumi era l’aspettativa delle popolazioni, oltre che l’obbiettivo delle aziende. Non nego di certo, che almeno in una parte del mondo (la nostra…), gli ultimi 60 anni di questo modello di sviluppo, abbia creato anche una forma di benessere diffuso, ma da tempo il modello si è rotto e i problemi superano di gran lunga i benefici, ma delle conseguenze dei problemi che impattano sull’ambiente e sulle persone, poco ci importa. L’importante è consumare come se non ci fosse un domani, senza pensare a cosa potrà accadere e evitando di pensare a ciò che già accade, se non ci tocca personalmente, ma delle conseguenze delle nostre azioni, si dovranno fare carico i nostri figli e nipoti!
Cambiare rotta, prima di affondare!
Tornando a noi e al nostro quotidiano, ditelo come volete, ma cambiare rotta è diventato necessario. Anzi: indispensabile! Il nostro sistema di consumo, organizzato in modo lineare, nelle fasi reperimento della materia prima, trasformazione e commercializzazione, uso e smaltimento, genera: inquinamento, sfruttamento indiscriminato di persone e territori, disparità sociali, surriscaldamento dell’atmosfera e cambiamento climatico, malattie fisiche e mentali e alla fine… spazzatura da bruciare o da smaltire in discariche più o meno autorizzate. Una linea dritta, dove l’unico obiettivo è il profitto, in genere ad appannaggio di pochi, generato in ogni passaggio della fase della catena produttiva.
Cambiare rotta per dare un futuro all’umanità su questo Pianeta, è ormai indispensabile! Anche le Istituzioni europee e gli Stati di tutto il mondo, stanno incentivando processi e produzioni e varando leggi e normative, in questa direzione. La Pres della Commissione Europea, Ursula Fonderlaier, ha varato, con il New Green Deal, il piano economico, sociale e ambientale, più ambizioso e con maggiori risorse disponibili, di sempre, per centrare l’obiettivo della decarbonizzazione. Saperne cogliere le molteplici opportunità per dare un futuro alle nuove generazioni, sarà la sfida di tutti i soggetti politici ed economici dei prossimi decenni. E se la guerra in Ucraina, ha scatenato nuove, e ormai sopite paure, oltre che gli appetiti degli speculatori che hanno gonfiato il portafoglio, giocando sui prezzi delle materie energetiche e sulla pelle delle aziende e delle persone, ricordiamoci che spetta a noi singoli cittadini la responsabilità di fare scelte giuste e consapevoli, nei nostri acquisti e nella nostra vita quotidiana.
Fai della sostenibilità il tuo stile di vita
Noi cittadini, dobbiamo cambiare le nostre “cattive abitudini” e sostituirle con delle nuove, meno impattanti sull’ambiente e sulla società. Non si tratta solo di sostituire il SUV con l’auto ibrida, ma di andare di più in bicicletta, lasciando l’auto in garage.
O di investire i nostri risparmi in sistemi di auto produzione di energia rinnovabile, invece che in Fondi che finanziano i produttori di armi, seminatori di morte e miseria!
E ancora, non di comprare solo le offerte 3X2 al supermercato, ma di consumare il più possibile prodotti biologici e naturali, a km zero!
Possibile farlo? Certamente! Forse più scomodo, meno “figo”, ma più bello e divertente!
di Silvano Ventura – silvano.ventura@gmail.com